Le punte degli abeti ondeggiano increspando di nero il cielo rosso, sopra la testa di Agnes. 

Si guarda le mani sporche di foresta e le porta sui seni. È nuda e sente la terra sotto i piedi vibrare e battere ritmicamente, come le arcate di una dentiera impazzita. L’humus farinoso le si infila tra le dita dei piedi. È umido di decomposizione di residui vegetali e animali eppure emana un calore che le dà conforto. Pelle sudata che odora di timo selvatico. Dal terreno spunta un sentiero di asparagi irti e sottili. Ne raccoglie uno e dal gambo trasuda sangue. Un suono gutturale simile a un ringhio le pulsa nelle orecchie, ma non è spaventata, è curiosa ed euforica mentre segue il cammino tracciato dagli asparagi profumati. Prova quell’attesa ansiosa delle bambine prima della loro festa di compleanno, quando gli amici stanno per arrivare e lo stomaco si contrae, sperando che tutto sia perfetto, anelando l’attenzione di cui tutti la incoroneranno. Al suo passaggio tra gli alberi, le fronde si abbassano ad accarezzarle le spalle. Le foglie di edere sinuose e prepotenti attorno ai tronchi, si staccano per strisciare lungo il terreno e avvolgerle le cosce fino all’inguine. Agnes ride di quelle attenzioni inaspettate, ma ad un tratto sente l’aria solleticarle i piedi. Non c’è più la terra calda che le scivola tra le dita. Guarda in basso… è almeno a tre metri da terra e sale, sale, continua a salire sempre più in alto…

“Agnes, Agnes…” Yuri la abbracciò infilandosi con la faccia tra il suo collo e la spalla.

“Che stavi sognando? Eri inquietantissima…” masticò, la bocca impastata di sonno.

Agnes respirò forte, l’euforia del sogno ancora addosso, nelle ossa e nei muscoli contratti.

“Perché?” chiese al suo ragazzo.

“Ridevi come una matta. Mi hai svegliato.”  

Solo in quel momento Agnes si rese conto di avere la bocca paralizzata in quel riso che le era nato sul muso mentre si alzava da terra, in volo. Si voltò sul fianco a incontrare il viso di Yuri. Era stato così bello. Provare l’allegria della festa, la sorpresa delle attenzioni inattese. 

La sorpresa, quella che era scomparsa dalle sue giornate o che, forse, non aveva mai provato veramente. Sapeva che avrebbe dovuto alzarsi e preparare la colazione, perché lui non l’avrebbe fatto, non le avrebbe mai detto “resta a letto tesoro, ci penso io”, perché era un pigro del cazzo. Cominciò a odiarlo, ma come tutte le mattine cercò di concentrarsi su quelle piccole cose di lui che ancora le piacevano. I ciuffi di riccioli neri sparsi sulla fronte, gli occhi gonfi semichiusi. Lo annusò dietro un orecchio. Era lì che si annidava tutto quel suo odore buono, di pane e latte, e lì lo baciò.

“Stavo sognando di volare”, gli disse, mentre si alzava e si avviava in cucina. “Ed era bellissimo…”

Agnes e Yuri erano fidanzati ufficialmente da 12 anni, ma si guardavano ancora in quel modo tenero dell’adorazione, cercando una bellezza silenziosa nei difetti dell’altro. La scusa per continuare a sopportarsi, pensava lei. 

Avevano riempito la casa nuova, nel piccolo centro storico della città, con mobili di seconda mano acquistati nei mercatini delle pulci. Non avevano bisogno di molto per vivere comodamente: una dispensa, un armadio capiente, un letto e una scrivania. Il problema erano stati i libri. Ne avevano a centinaia ed entrambi non vollero separarsi da nessuno di loro. Avevano montato svariate mensole in salotto, ma ancora non bastavano a contenerli. I manuali di fisica di Yuri insieme a tutti gli altri tomi scientifici e i saggi dell’università si sarebbero rovinati a terra, per cui quelli erano tutti in fila in bella mostra e comodi da prendere, mentre i libri di Agnes, contenitori di letteratura, teatro e studi antropologici, erano ancora impilati in piccole torri sul pavimento in giro per la casa.

Con calma, si era detta. Un pezzettino alla volta.

Agnes era rimasta sola quando si legò a Yuri. Figlia unica, aveva perso i suoi genitori in un incidente aereo mentre andavano in vacanza in Argentina, terra natìa di sua madre. Il padre era originario della Danimarca e di lui la ragazza aveva preso i capelli biondi e le efelidi. La pelle olivastra che si dorava senza mai bruciarle al sole d’estate, invece, l’aveva ereditata dalla madre. A detta di tutti coloro i quali la incontrassero, Agnes era magnetica. Con i fianchi giusti e i piedi piccoli, quello che aveva fatto innamorare Yuri erano stati i suoi occhi. Occhi cervone che a primo impatto potevano sembrare semplicemente verdi, ma a guardarli con attenzione rivelavano delle sfumature marroni che declinavano nel giallo man mano che si avvicinavano alla pupilla. Yuri non lo diceva a nessuno, ma avrebbe giurato più volte che in autunno sembravano diventare gialli come il fumo dello zolfo. 

Che figli bellissimi sarebbero nati, pensava quando la penetrava. L’idea di avere figli aveva cominciato a pizzicargli l’ego, ma lei non riusciva a capire perché. Lui le piaceva, le piaceva il suo corpo, come la toccava e la baciava, ma un giorno Yuri ha smesso di controllarsi costringendo Agnes a stare ferma e accogliere. La prima volta non aveva dato molto peso a quella presa di posizione, quella decisione unilaterale senza chiedere nulla a lei, ma la volta successiva e quella dopo ancora, la rabbia le era cresciuta sotto le unghie. Col tempo, ad ogni mestruo Yuri si faceva silenzioso e scontroso e ricominciava a parlarle solo tre o quattro giorni dopo. 

Per riprendere il suo piano di ingravidarla. Agnes lo chiamava così il sesso tra di loro, il piano per ingravidarla. Per intrappolarla. Allora lei si era informata e aveva chiamato il suo ginecologo, il quale le aveva infilato nell’utero una piccola spirale a forma di gamma greca a rilascio controllato di progesterone, in modo tale da rendere la mucosa interna inospitale per gli spermatozoi prepotenti e arroganti del suo fidanzato. 

Non gliel’avrebbe mai detto, era il suo piccolo segreto con se stessa. Agnes aveva capito ormai che doveva tenersi stretto ciò che le rimaneva della sua libertà.

Libera come l’aria, come quella del sogno che le solleticava i piedi…volare in alto…

Portò il caffè a letto a Yuri e, spalancando la finestra, si accorse di sentire ancora il profumo degli alberi, se lo sentiva addosso e le venne da ridere.

 “Ma perché cavolo l’hai fatto, mi sono appena svegliato!” 

“Dai sbrigati altrimenti facciamo tardi”, gli rispose dirigendosi in bagno

“Ohhh, ma ancora è così presto…perché dobbiamo uscire così presto!?” protestò lui.

Fuori, l’aria prometteva la primavera con un cielo caldo e turchese. Agnes pensò che sarebbe stato bello passeggiare in un bosco come quello del sogno, camminare sulla terra calda e morbida. Si affacciò alla porta della camera sorridendo e gli disse “Dai per favore Yuri. E’ una bella giornata e vorrei approfittarne per fare qualcosa, una passeggiata magari…”

“Io invece vorrei sapere che hai tanto da sorridere stamattina…sei in ovulazione per caso?”

Agnes era già sotto la doccia. Pazienza, si disse Yuri. Quella mattina lei era strana e lui assonnato. Decise che sarebbe rimasto ad aspettarla a letto finché non sarebbe uscita dalla doccia.  

Vestiti comodi e via. Sarebbero andati a pranzo dai genitori di lui che abitavano in un paesino di  campagna a mezz’ora dalla loro città. Una distesa di orti colorati a valle di montagne con le punte rotonde, circondate da boschi di abeti alti come palazzi. Di solito passavano l’intera giornata lì quando andavano a trovarli. La famiglia di Yuri era numerosa e poi spuntava sempre qualche lavoretto da fare, cose da aggiustare e cibi da cucinare. 

Arrivarono in mattinata e furono subito accolti dai nipotini che saltarono loro addosso pretendendo di essere presi in braccio e proponendo giochi da fare insieme. Fecero dei disegni e la gara dei salti, costruirono un piccolo castello di pietre in giardino; poi furono chiamati per il pranzo che fu lento e grasso. 

Nel pomeriggio però, nonostante fosse il Venerdì Santo, tutti dovevano uscire a sbrigare una qualche faccenda o fare delle visite e Agnes e Yuri rimasero soli. Fuori, la promessa del cielo turchese era stata mantenuta, il sole era ancora alto e lei non voleva rinunciare a godersi un po’ di tempo all’aria aperta. Aveva voglia di camminare nel bosco, come nel sogno… il ricordo le strappò un sorriso…

“Allora? Andiamo a fare la mia passeggiata?” chiese a quello che, sdraiato sul divano della sua infanzia, stava proprio per cadere addormentato.

“Beh, a dire il vero volevo guardare un po’ di tv…”, le rispose con la bocca impastata.

“E dai è una bella giornata! Non mi va di passare tutto il pomeriggio chiusa in casa!”

“E dove vorresti andare, di grazia?”, le chiese Yuri.

Agnes sentì un tremore al ricordo del sogno; l’edera che le si arrampicava lungo le cosce…

Si sedette accanto a lui sul divano e cercò col naso quel suo odore buono tra i riccioli e un orecchio. “Dai perché non mi porti in un bosco?”, gli sussurrò baciandogli il collo. 

“Ehi, hai cattive intenzioni per caso, vuoi farlo in un bosco?”

“Forse…”

Yuri non sapeva resisterle. Si baciarono come due adolescenti sul vecchio divano che aveva ospitato le loro prime volte, poi Agnes si alzò e lo trascinò verso la porta. Si incamminarono tenendosi per mano verso le montagne, oltrepassando case vecchie e disabitate fino alla chiesetta, dove era in corso la santa messa. 

“Oggi muore Gesù”, disse Yuri mimando la croce con gli indici delle mani.

“Me n’ero proprio dimenticata, sai?”

“Anch’io. Mi è tornato in mente ora che ho visto la chiesa. Proseguiamo oltre quel vicoletto.”

“Non andiamo nel bosco?”, gli chiese baciandogli un dito.

“Sì ci stiamo andando sporcacciona, prendiamo la scorciatoia.”

Percorsero quella che doveva essere una vecchia strada carraia, Agnes lo capì dai segni di ruote sulla pietra, di quei carretti dei contadini di una volta. 

Era strano, ma il sole non era più luminoso come prima. Una foschia impercettibile aveva iniziato a inumidire il cielo, ma quelli non se ne accorsero nemmeno. Sanpietrini smossi e ricoperti di muschio si interruppero gradualmente lasciando il posto a un bosco pietroso e verde che fece sorridere entrambi. 

“Cerchiamo un posto adatto signorina”, le disse tirandola a sé.

Lei lo spinse via e cominciò a camminare lentamente, pesando i gesti come se fosse stata una bambina che si avvicinasse per la prima volta a un gioco nuovo. Si sentiva ansiosa di penetrare la vegetazione selvatica. Nelle narici i profumi del bosco le solleticarono immagini di animali sgranocchianti e pupille orizzontali che osservavano tutto, nascoste tra querce e abeti. 

Camminava con Yuri dietro di lei che provava a palparla, ma le bastò aver percorso un piccolo tratto di sentiero, per trovare una bella asparagina appuntita con un figlioletto sotto. 

“Ehi aspetta, è un asparago?”

Era proprio come quello del sogno. Sottile, di un verde pallido con la punta violacea, le tornò in mente il sangue che ne era fuoriuscito, ma quello era solo un sogno perché in quel momento, quando lo colse, non uscì nulla dal gambo. Era un frutto del bosco per lei, un benvenuto. Le venne da ridere al pensiero mentre continuò a camminare con più velocità, e ne trovò un altro, e un altro ancora. Era come un sentiero nel sentiero, una viuzza disseminata di asparagi che proseguiva fin nel folto del bosco. Agnes si chinò per coglierne un altro e Yuri fu sopra di lei schiacciandola contro il terreno. 

“No lasciami voglio andare avanti!” gli disse divincolandosi con una forza che non aveva mai avuto. 

Yuri, colto di sorpresa, ne rimase intimorito. Sembrò tornare in sé facendo un respiro profondo, come sciolto da un incantesimo. “Va bene va bene, ma vediamo di non allontanarci troppo. Potrebbe far sera e non ce ne accorgeremmo neppure.”

Lei non lo rispose e continuò a camminare, ma con passo molto più svelto. Gli asparagi aumentavano lungo il sentiero crescendo nelle dimensioni man mano che procedevano. Erano il suo benvenuto nel bosco, erano tutti per lei. Camminava euforica Agnes, con Yuri che le teneva dietro finchè un suono artificiale li fece fermare. Uno scampanellio, quello degli animali al pascolo. 

Agnes si voltò alla sua destra e la vide. Da dietro il tronco di una grossa quercia, squarciata da un fulmine, spuntò una capra tutta nera che ruminava erba fresca. La scrutava con le pupille geometriche, rettangolari, appiccicate nelle iridi gonfie e aranciate. Sorrise nel vederla, e sentì la terra vibrare di un ruggito sommesso e gutturale assecondando il sospiro che le maturò nel petto. Eccola la guardiana del bosco giunta ad accoglierla. La capra rimase lì immobile, mentre Agnes proseguì dritta di fronte a sé ridendo con quell’allegrezza da bambina che le si era dilatata negli arti. Yuri rimase a fissare la capra ipnotizzato finchè la risata di Agnes lo attirò. Aveva raccolto un altro asparago grosso e lucido e lo guardava come se avesse trovato un tesoro, poi lo strinse al petto e iniziò a correre.

“Agnes! Aspettami, ci stiamo allontanando troppo, tra poco farà buio!”

Ma Agnes non lo ascoltava. Sentiva il suono della sua voce senza prestare attenzione a cosa le stesse dicendo perché pensava soltanto che sarebbe stato bellissimo arrivare al cuore pulsante del bosco. Quel bosco promessa di libertà. 

“Agnes aspettami!”

“Non posso! Devo arrivare nel cuore del bosco!”

Yuri le corse dietro. Ma che cosa le passava per la testa? Rideva, in preda a chissà quale gioia e non si fermava, come se non lo sentisse affatto. Agnes, Agnes la chiamava, ma lei non si fermava. 

Yuri non vide la grossa radice che spuntava dal terreno, e cadde. Il dolore era lacerante, si era sicuramente rotto la caviglia. Ne era certo. Quello urlò, ma lei continuò a correre. 

“Agnes…aiutami…” E svenne per qualche secondo. Credeva di avere una visione il povero Yuri, quando tre giovani donne completamente nude lo sollevarono da terra.

Mentre lo portavano via, continuava a chiamarla, a chiedere aiuto, ma l’unico essere che si degnò di emettere un suono, fu una grossa capra nera che lo guardava negli occhi e per un attimo, nell’agonia del dolore, Yuri avrebbe giurato che l’animale stesse sorridendo.

Agnes si sentiva felice come nel giorno del proprio compleanno, quando ci si dimentica di tutto. Si può rinascere? Come altro, come qualcosa di diverso. Il compleanno di una rinascita…

Arrivò nella radura al cuore del bosco che, ormai, era immerso nel buio. C’erano delle altre donne che le sorridevano e la invitavano a spogliarsi insieme a loro. Alcune erano vecchie, con i seni cadenti e le dita avvizzite, altre erano giovani e sode, altre ancora bambine. 

“Agnes Agnes aiutami”, gridava Yuri, ma quello era il suo nuovo compleanno. Era troppo felice per accorgersi che quelle donne gli strappavano la carne a morsi. Non lo sentiva urlare, come avrebbe potuto? Aveva raggiunto il cuore pulsante del bosco, ora sarebbe stata finalmente libera. La capra nera belava mentre beveva il sangue che sgorgava dalla gola del suo fidanzato morente e Agnes, nella sua atroce bellezza, si librava in aria con le braccia spalancate ad abbracciare la luna maligna.  

di Giulia Maestri

Foto Footsteps

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